Siamo d’accordo che il punto di forza di Nuova Direzione sia l’elaborazione teorica, la capacità di analisi, l’avanguardia intellettuale. Tutto questo attira i politicizzati colti e aiuta un confronto serio e di livello elevato. Gettiamo lo sguardo sul punto di debolezza, quello di non saper ancora a parlare alle masse che vorremmo rappresentare, le periferie economiche e sociali. Siamo in buona compagnia, non ci riesce nessuno, se non in parte e per breve periodo. Il grande successo dei partiti populisti è quello di non avere avversari, parlano solo dei problemi per cui hanno soluzioni che non intaccano il sistema. Non sono proprio dei gran paladini del popolo, questi populisti, e non sono maestri di coerenza. Questo le persone l’hanno capito.
Capire le classi sociali subalterne, la “periferia”, non è facile per chi non la frequenta, per chi non la conosce a fondo. Per catturarne l’attenzione e il consenso, bisogna saperci comunicare, conoscere il suo linguaggio, che è anche fatto di una modalità espressive e comportamentali. Sbagliare registro, qualifica immediatamente ogni tentativo come affettato e artificioso. Non credibile. Ci sono termini e atteggiamenti indicatori, che il subalterno coglie subito e chi li pronuncia non sa nemmeno la cazzata che ha detto.
Per capire come ognuno di noi si posiziona rispetto alla periferia, proviamo a fare un esercizio:
Mentalmente calcolate l’importo del vostro stipendio, dei beni immobili e dei beni finanziari che avete, prendete coscienza se il vostro posto di lavoro è stabile, se siete licenziabili oppure no, mi riferisco ai lavoratori pubblici, più o meno tutti oggi nel settore privato sono in qualche modo ricattabili e ricattati. Ugualmente fate lo sforzo di comprendere quanti gradi di separazione, in termini di risparmio, legami familiari, proprietà (anche la macchina), stato civile (divorziati, sposati, single), figli a carico, possibilità reali di impiego nel mondo del lavoro per competenze, titoli, livello ed età, ci sono tra voi e l’asilo notturno e i pasti alla Caritas. Quei gradi di separazione sono le classi sociali moderne.
Certo che non ci sono solo gli operai, ma i precari, i neet, i disoccupati, gli autonomi, perfino imprenditori. Le periferie sono date dall’ultimo grado, unito al il livello limite, quello sul baratro, che basta un colpo di tosse per finirci dentro, e quelle immediatamente sopra, per cui manca un po’, ma si inizia a vedere.
Parlare a questa gente, costruire slogan efficaci, significa capire cosa vivono tutti i giorni. Non hanno periodi bui. La loro esistenza è un buio continuo. non sono in un tunnel, che prima o poi, camminando finisce. Sono in un pozzo, senza via di uscita, impegnate a muoversi continuamente per restare a galla, altrimenti annegano. Ricordate l’immagine del pozzo, perché è importante. Non si dice “tirati su” a uno che sta in un pozzo. Ha le unghie rotte a furia di provarci. Ha capito perfettamente che non c’è via individuale di riscatto e sta aspettando una soluzione collettiva – la catena – che non vede scendere.
Noi, che apparteniamo a queste classi, viviamo quindi in uno stato di agitazione perenne, siamo molto aggressivi, iper-reattivi, perché ci schiacciano continuamente – lo stato, tasse burocrazia multe, gli agenti del mercato, che innumerevoli, rendono la nostra vita un inferno, i datori di lavoro – talvolta non staccano il piede finchè non sentono crock… per cui siamo sempre sulla difensiva, e spesso distratti perché troppo impegnati a sopravvivere. La povertà complica in mille modi la vita delle persone, che magari devono fare due lavori per campare, e il sabato e la domenica non lo passano a riposare. Ma sarebbe un errore pensare che non sono in grado di capire o siano poco intelligenti, bisogna essere dei fenomeni per farcela oggi, a queste condizioni, bisogna sviluppare al massimo tutte le risorse, i talenti, quindi, basta trovare la chiave di accesso e poi il software gira
Quello che voglio dire è che non basta usare un registro linguistico semplice, per entrarci in relazione dobbiamo essere pronti ad avere a che fare con queste modalità comportamentali ed espressive. Siamo pronti? Trattare da pari, non dall’alto. “Io ti spiego il socialismo” non funziona. Non so neanche cos’è il socialismo! Dimmi come fai a riportare giustizia sociale. Se il socialismo non è per togliere gli esseri umani da un’esistenza indegna, che non meritano, da un’esistenza senza speranza, allora a cosa serve? Ecco, partire da questo. Il concetto di giustizia sociale è chiarissimo, bruciante. Le periferie sperimentano il suo contrario tutti i giorni, più volte al giorno. Mai negare i conflitti, c’è sempre un fondo di verità scomoda che va analizzata e poi elaborata politicamente. Quello dell’immigrazione, ma anche quello generazionale, che c’è, la prima repubblica per accaparrare voti ha distribuito forme di assistenzialismo indecente, negarlo non si può, bisogna riproporsi di non fare gli stessi errori, poi c’è quello di classe, ormai arrivato a livelli insopportabili. Non dobbiamo avere paura di esprimerci su queste cose, anche con forme comunicative innovative, fumetti, video, vignette, che siano ironiche e macabre, scioccanti, perché la realtà è brutale e continuare ad imbellirla è il modo migliore per alienare la gente dalla politica. Un tempo i capitalisti venivano disegnati come maiali. Capisco che a chi è abituato alle forme comunicative dell’accademia, del mondo intellettuale, queste forme comunicative fanno ribrezzo, ma ripeto, lì fuori la gente che vive un’orrore sociale che non si vedeva da un secolo, ti operano e ti spediscono a casa dopo tre giorni per liberare il letto, ancora col catetere e la flebo. Bisogna riderci e piangerci.
Per riattivare alla lotta organizzata, politica, bisogna dire la verità. Dobbiamo tornare a fare inchieste sul mondo del lavoro, sulla sanità, sui redditi e i debiti privati, sul mercato
Bisogna scoperchiare tutto lo schifo che c’è. Dobbiamo puntare il dito, scuotere, svegliare le persone e impedire che la rabbia si sfoghi in rituali collettivi cosmetici, come avviene oggi, o in violenza. Va accesa e politicizzata. Dobbiamo creare una via collettiva di riscatto sociale.
1 Recent Comments
31 Lug, 2020 at 10:23 AM |
Mi permetto alcune considerazioni sull’articolo.
1. <>
Il punto è che le masse sono controllate da un apparato mass-mediologico potente di risorse e competenze illimitate, che letteralmente ne controlla le menti attraverso la continua sollecitazione del desiderio. Il problema non è tanto il fatto di non sapere come parlarci, ma che le loro menti sono totale monopolio dell’industria della comunicazione di massa.
2. <>
Se quanto detto sopra è vero, catturare l’attenzione e il consenso delle masse è impresa titanica. Il problema non è tanto di linguaggio, espressione o comportamento, quanto di scegliere un campo di battaglia diverso da quello del diretto desiderio, monopolio dell’industria della comunicazione di massa. L’esito di una ipotetica battaglia in questo campo sarebbe scontata.
Non si tratta quindi di essere altro da quello che siamo (seriosi, riflessivi, colti, impegnati, aspiranti a un mondo più giusto, ecc.), ma di comunicare bene e semplice contenuti, messaggi, progetti, speranze, realtà, condizioni, esperienze, notizie, inchieste. Questo è il campo di battaglia dove possiamo avere una possibilità di vittoria. Il problema è attirare in questo campo le masse.
3. <>
Mi pare una visione troppo ottimistica della condizione mentale di chi “sta in un pozzo”. Chi sta in un pozzo, è molto probabile che cerchi di sfuggirne individualmente, il più delle volte mentalmente o fantasticamente, negandosi la consapevolezza piena sulla propria condizione (perché ci si pone di fronte solamente problemi che si può risolvere), con l’evasione o la distrazione, sconvolgendosi il fine settimana nei vari divertimentifici. Chi sta nel pozzo è molto probabile che non la veda neanche la catena che gli proponiamo noi. Perché è una catena solo ideale, che implica impegno e lavoro collettivo, e quindi tempo libero (sia reale che mentale) che chi è dentro il pozzo non ha.
Ciò pone il problema di chi realmente siano i potenziali interlocutori del progetto di Nuova Direzione.
4. <>
Questo potrebbe essere il campo di battaglia diverso di cui parlavo nel punto 2. In questo campo di battaglia si tratta di esercitare semplicità ed efficacia comunicativa.