Dicono che la storia non si ripete, ma subito dopo vengono proposti dei nuovi Patti della Moncloa.1Ultimamente « Sànchez ha menzionato nel suo discorso i Patti della Moncloa del 1977: in piena Transizione, a meno di due anni dalla caduta della dittatura, i partiti politici si unirono per risollevare il paese in un momento di gravi difficoltà economiche (l’inflazione oltre il 26%). Dal Partito Comunista alla UCD, i partiti del Parlamento misero da parte le rivalità politiche per lavorare alla ricostruzione economica. »* Manolo Monereo rimanda ad un intervista recente a Julio Anguita in cui il noto politico spagnolo si dice “preoccupato per il fatto che vogliono andare ai nuovi Patti della Moncloa, e sono preoccupato per questo. Se riemettiamo i Patti della Moncloa, i lavoratori avranno difficoltà, soprattutto i precari e tutte quelle persone che attualmente vivono male.(…) patti concordati dalla sinistra a condizione che si andasse verso un processo democratico, ma anche verso un processo con alcune misure di aggiustamento e verso un’economia e una politica sociale avanzate, come indicato nella Costituzione. Invece era il contrario. Alcune aziende furono salvate, ma tutto è rimasto uguale.
In questo c’è qualcosa di più dell’incoerenza: c’è una cattiva analisi di ciò che è stata la Transizione, di ciò che hanno significato realmente i Patti della Moncloa e delle loro conseguenze per la democrazia spagnola. Tutto ciò lo ha spiegato molto bene Xavi Domènech e per cui vi rimando a lui. In questo momento storico, certi patti programmatici con le destre economiche e politiche, sono pura propaganda o qualcosa di molto più grave, si tratta di preparare il paese e le classi lavoratrici a nuovi programmi di aggiustamento strutturale, a ulteriori tagli dei salari e dell’occupazione e, quel che è peggio, alla neutralizzazione del conflitto sociale.
Ci sono quattro piani che si sovrappongono e che dobbiamo provare a districare. Il primo è la gestione del governo. Al di là dei fallimenti del coordinamento, della continua improvvisazione e delle varie carenze (come in quasi tutti i governi), c’è un elemento essenziale che viene dimenticato: il programma, le fondamenta politiche che hanno dato vita a questo governo sono state fatte saltare in aria. Si è parlato, giustamente, di una correlazione di punti deboli. Non c’è un programma, non c’è una strategia e ogni misura, ogni proposta deve essere negoziata duramente. Proporre una tavolo per la ricostruzione del Paese in queste condizioni è, come minimo, un errore di calcolo madornale.
Un altro piano è il più evidente e anche quello di cui si parla meno, la costruzione di un ampio settore pubblico volontario di solidarietà, di sostegno reciproco e di affinità. Si tratta di un blocco trasversale, che non necessariamente deve appoggiare il governo, ma che presidia, con l’esempio, il settore pubblico, i valori democratici, l’assistenza sanitaria non mercificata e, in generale, un’economia politica al servizio dei bisogni primari delle persone. Questo blocco dovrebbe essere rafforzato e sviluppato da un governo che si definisce di sinistra. La chiave, ribadisco fino a rimanere senza fiato, è il valore riformatore del conflitto sociale inteso come motore di cambiamento del modello economico, sociale e politico.
Un terzo livello ha a che fare con la destra estrema e l’estrema destra. Vale la pena ripeterlo: Vox non è populismo di destra, è la destra tradizionale spagnola, dura e pura; ovvero monarchica, autoritaria, neoliberale e dipendente -al limite del grottesco- dalla politica imperiale statunitense. Non è antagonista del Partido Popular; al contrario, si completano a vicenda ed esercitano coerentemente una unitarietà d’azione. Qual è il suo obiettivo? Egemonizzare e controllare la narrazione in modo tale da evitare che la gestione della pandemia possa andare a vantaggio del governo “social-comunista”, come lo chiamano loro. In cosa consiste tale narrativa? Nel creare un quadro cognitivo che dia la colpa al governo, di volta in volta, sia per il virus che delle morti che ne derivano. Convertire la sofferenza di migliaia di persone in uno strumento politico che li porti dritti al governo. Sono disposti a fare questo e molto di più.
C’è un quarto piano che non può essere dimenticato: la “trama”2 « Sarebbe bene divulgare il termine trama, la trama. Questo per sottolineare che esiste un meccanismo unico che organizza una matrice di potere (per dirla con rigore) tra il capitalismo monopolistico-finanziario, il potere dei media e una classe bi-partitica corrotta e dipendente dal capitale. …] La trama è organizzata, conspira, è articolata e controllata dal potere dello Stato, facendo della corruzione una componente strutturale del sistema politico. » ___ fonte: https://www.cuartopoder.es/ideas/opinion/2015/11/01/la-trama/7729/, i poteri di fatto, i gruppi economico-finanziari dominanti e i loro tentacoli intrecciati ai grandi monopoli internazionali. Va sottolineato, come sarà reso più esplicito in seguito, che esiste una perfetta armonia tra questi poteri e le istituzioni dell’Unione Europea. Questa concordia è di classe e pianificata, non circostanziale; sono interessati alla perpetuazione del neoliberismo, alla disciplina del vincolo esterno e alla camicia di forza incarnata dal sistema Euro, che è molto più di una semplice valuta estera. La “trama”, i veri poteri, hanno un obiettivo chiaro, esplicito: “addolcire” Pedro Sánchez, renderlo strumento passivo del loro potere; per questo devono porre fine alla presenza di Unidas Podemos nel governo. Nessun equivoco: il soggetto da cacciare non è Pablo Iglesias, ma Pedro Sánchez. La strategia – la conosciamo molto bene da sempre – è quella di trasformare lo stato di bisogno (economico) in uno stato di eccezione (economica, sociale e politica).
Come previsto, il governo si sta convertendo nel centro intorno a cui si annodano tutti i conflitti di base. I poteri questo lo sanno, la destra economica e politica, anche. Un settore del governo sta inviando segnali alle istituzioni europee e a noti organismi di comunicazione, trasferendo il conflitto e chi sono i suoi protagonisti. Inevitabilmente, dobbiamo parlare di strategia e avere le idee chiare. Nella crisi si stanno delineando due fasi: quella del controllo della pandemia e quella della via d’uscita socio-economica. Non è possibile separarle. L’idea di risolvere in qualche maniera la crisi del virus e poi pensare al programma di ricostruzione è un errore enorme.
Comprendere bene la fase.
La crisi sarà lunga, complessa e con enormi costi produttivi e sociali, per almeno tre ragioni: 1) perché il coronavirus è arrivato ad accelerare catastroficamente una crisi latente del sistema economico mondiale. Tutti ci aspettavamo un “cigno nero” e invece è apparso uno squalo. Questa è la novità che evidenzia anche le rotture della società nel suo metabolismo con la natura; 2) prima, durante e dopo la crisi, si gioca una grande battaglia geopolitica che metterà a confronto due blocchi più o meno eterogenei intorno a una potenza in declino (gli Stati Uniti) e a una potenza emergente (la Cina). Quest’ultima ha fatto uscire il capitalismo dalla sua precedente crisi e il gioco in corso definirà un nuovo territorio più conflittuale, più belligerante e più polarizzato; 3) i grandi problemi si accentueranno, i conflitti politici si estenderanno, così come le disuguaglianze, la povertà e la lotta per le risorse. La guerra non tarderà ad arrivare.
Chiarire il ruolo dell’Unione Europea.
È incredibile come in questa fase, dal governo, si parli dell’UE come di un problema di relazioni internazionali. Lo Stato spagnolo non è un paese sovrano. La politica economica non dipende dal suo Parlamento. Fantasticare su piani per la ricostruzione economica e sociale del paese è ingannevole e fuorviante. Per dirla senza mezzi termini: le politiche dominanti (sancite dai Trattati) sono incompatibili con le politiche di reindustrializzazione, di sviluppo dello Stato Sociale e di difesa del potere contrattuale delle classi lavoratrici. Il problema del sistema Euro è che l’emittente della valuta è diverso dall’utente finale. Per la Spagna (e per qualsiasi altro paese eccetto la Germania), l’Euro è una valuta estera che dipende dal “moderno principe”, quindi dalla Banca Centrale Europea. Vale la pena ribadire che sia le istituzioni dell’UE, che i poteri economici del Sud, sono chiaramente interessati a perpetuare il rigore e l’intervento esterno che l’economia dell’euro comporta.
Non monetizzare il debito o emettere obbligazioni condivise significa che ogni paese, preso singolarmente, finirà intrappolato nel debito sovrano. Questa volta si tratta di qualcosa di diverso. Una crisi esterna che causa un gravissimo problema economico-produttivo e sociale, una crisi finanziaria in divenire e un enorme problema di debito pubblico. Ciò che è venuto dall’UE è insufficiente per le dimensioni della crisi, aumenterà il debito e ci metterà in uno scenario futuro estremamente difficile. Quando la pandemia sarà sotto controllo, ogni Paese dovrà fare affidamento sui propri mezzi ma senza la capacità di emettere moneta; in altre parole, vincolato alle linee guida dell’Eurogruppo e della BCE e, in ultima analisi, alla dittatura dei mercati.
In merito alla gestione del governo.
Continuare a sperare che dalla UE calino alternative basate sulla solidarietà, fondi non soggetti a rigorose condizionalità, significa non capire come funziona l’UE. Si dice che, con questa dinamica, l’euro e la stessa UE possono essere messi in pericolo. E’ vero. Dov’è il punto di rottura? Negoziare individualmente con le istituzioni dell’UE e con la Germania, o insistere mobilitando i cittadini contro le politiche che mettono a repentaglio i diritti e le libertà? Non abbiamo imparato nulla dalla Grecia? La “trama”, le potenze economiche, in alleanza con la tecnocrazia europea, stanno cercando di rinchiuderci in uno scenario di estrema necessità dove, alla fine, dobbiamo scegliere se lasciare l’UE o rimanere in essa accettando alcuni piani di austerità molto duri. Proprio per questo, le decisioni che non vengono prese ora o che vengono prese in una cattiva direzione, peseranno sui presunti piani di ricostruzione produttiva e sociale. Qualcuno crede, a questo punto, alle dichiarazioni di Felipe González che ci mette in guardia dal pericolo rappresentato da Unidas Podemos? Qualcuno crede veramente che, come dice il consigliere di Slim, che Unidas Podemos stia forzando un cambiamento di regime? Tutto questo fa parte dell’offensiva dei poteri finalizzata a impedire che vengano adottate misure che potrebbero rendere molto difficili futuri programmi di aggiustamento strutturale.
La decisione strategica fondamentale di questo governo sarebbe quella di definire con precisione un programma valido per la ricostruzione del Paese, concordato con gli attori sociali e di promuovere la mobilitazione della società civile. Ciò che terrorizza di più le istituzioni dell’Unione Europea è il dibattito pubblico, la deliberazione democratica, prodotta con trasparenza e rapidità. Qui si vede chiaramente l’inanità, se non la menzogna, di tanti europeisti il cui unico scopo è “salvare” i loro gruppi di potere economico, le loro classi dirigenti. Se si sostiene, come fanno, che l’attuale UE sta andando nella direzione opposta a quella che dovrebbe, che è necessaria un’Europa “più sociale” e un’Europa “più solidale”, non è forse giunto il momento di confrontarsi con istituzioni che promuovono politiche che generano enormi sofferenze sociali e psicologiche, perdita di diritti e libertà, tagli ai salari e la progressiva liquidazione di ciò che resta dello Stato sociale? Non è forse giunto il momento di confrontarsi con un’Unione Europea che divide l’Europa, che è una macchina per produrre nazionalismo ed estremismo di destra e che – peggio ancora – crea le condizioni per la graduale scomparsa di forze democratiche e popolari alternative? L’unico modo per affrontare questo dilemma è mobilitare l’opinione pubblica, riarmare programmaticamente gli attori sociali e stabilire le grandi priorità di un Paese che sta per subire una crisi di gravi ed enormi dimensioni. Se le politiche di cui il paese ha bisogno non sono possibili in questa Unione europea, dobbiamo pensare di lasciarla. Solo giocando duro sarà possibile cambiare le sue linee guida dominanti. O questo o accettare le politiche di super-austerità che stanno arrivando.
Facciamo un esercizio di immaginazione. Supponiamo un calo molto consistente del PIL (si vedano le cifre indicate dalle varie organizzazioni), a cui si aggiungono la distruzione di migliaia di piccole e medie imprese, la crescita esponenziale della disoccupazione, del debito pubblico e del deficit fiscale. I media che parlano della bancarotta del paese e della necessità di sbattere fuori dal governo Unidas Podemos, e i cosiddetti Mercati, che speculando fanno salire lo spread. Fantapolitica? Non credo. La storia si ripete, sì, nella sua peggior versione, per parafrasare il maestro Hegel.
fonte: La estrategia de la trama: del estado de necesidad al estado de excepción
—
Immagine tratta da https://www.pikrepo.com/flopb/white-shark-on-sea License to use Creative Commons Zero – CC0
1 Recent Comments
27 Apr, 2020 at 11:38 AM |
chiarissimo e illuminante anche per analizzare la situazione nostra!