“Navigavamo gemendo attraverso lo stretto: da una parte era Scilla, dall’altra la chiara Cariddi cominciò orridamente a succhiare l’acqua salsa del mare. Quando la vomitava, gorgogliava tutta fremente, come su un gran fuoco un lebete: dall’alto la schiuma cadeva sulla cima di entrambi gli scogli. Ma quando succhiava l’acqua salsa del mare, tutta fremente appariva sul fondo, la roccia intorno mugghiava orridamente, di sotto appariva la terra nera di sabbia. Li prese una pallida angoscia. Noi volgemmo ad essa lo sguardo, temendo la fine, ed ecco Scilla mi prese dalla nave ben cava i sei compagni migliori per le braccia e la forza”.
Odissea, canto XII
Per passare indenni tra Scilla e Cariddi servono alcune cose: una nave, quindi un collettivo che abbia in sé il senso del viaggio, e una rotta. Ma bisogna anche capire bene cosa sia Scilla, il mostro con dodici zampe e sei teste che ci può prendere uno per uno, e nello stesso modo cosa sia Cariddi, il gorgo nel quale possiamo esser inghiottiti tutti. Dobbiamo sapere da dove veniamo, come siamo giunti qui, cosa abbiamo perso e cosa guadagnato.
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