Per il perseguimento dell’interesse nazionale in un’ottica multipolare

 

Puntare su di uno sviluppo del mercato interno mostra il sovrapporsi di interesse nazionale e interesse di classe.

Aumentare le opportunità dei lavoratori e delle imprese italiane, e ridurre la dipendenza dalle esportazioni, rappresentano insieme una conquista di indipendenza geopolitica e di benessere sociale. Oggi più che mai c’è la necessità di un forte settore pubblico dell’economia, capace di riequilibrare i rapporti di forza tra lavoro e capitale, e di rilanciare il ruolo dell’Italia in una direzione geopolitica multipolare. Senza coltivare avventure imperiali o neocoloniali, ma anche senza diventare una zattera alla deriva nel mediterraneo.

Nonostante in Occidente tutti facciano finta di non accorgersene, il bipolarismo della Guerra Fredda è finito da trent’anni. È ora di aggiornare le nostre priorità e smettere di reiterare le costanti storiche della nostra politica estera: l’irrilevanza nel dibattito interno e l’affidamento esclusivo all’alleato forte. Due caratteristiche che entrambe mal si coniugano con la promozione dell’interesse nazionale in un multipolarismo come quello attuale. Mai come oggi gli obiettivi geostrategici dell’Italia differiscono tanto da quelli americani quanto da quelli dei competitors europei.

Se recuperassimo tutti gli strumenti – politici ed economici – che si confanno a uno Stato sovrano, potremmo rilanciare il nostro ruolo di media potenza, con un ritrovato attivismo che – lungi dal ripercorrere tristi esperienze coloniali passate – riesca a valorizzare al meglio la nostra collocazione geografica.

L’Italia ha interesse al sorgere di un mondo multipolare con un nuovo equilibrio internazionale. La subalternità ad un occidente che non riesce a liberarsi del fallimentare modello neoliberale può essere superata solo se si istituiscono relazioni eque con il mondo emergente, e se si valorizza la nostra collocazione nel mediterraneo. Senza rigettare le tradizionali relazioni con il centro europeo e con gli Stati Uniti, solo un multilateralismo che giochi su più tavoli – Africa, Russia, Cina, India, America Latina – può consentire di ridurre la nostra subalternità. Costruire un socialismo per il XXI secolo implica perciò anche difendere il proprio apparato pubblico e le proprie aziende strategiche, incluse quelle militari ed energetiche, dalle altrui mire di dominio.