Per un’economia umana

 

La piena occupazione garantita dev’essere un obiettivo guida, per rovesciare i rapporti di potere contrattuale.

Che siano i datori di lavoro privati a dover competere per acquisire i migliori lavoratori, e non questi ultimi a doversi svendere, in una competizione al ribasso fratricida. Bisogna imporre un ‘pavimento’ al mercato del lavoro che non possa venire compresso e salga progressivamente. Tale “pavimento” non può essere il risultato della semplice fissazione legale di un salario minimo, ma è l’effetto di un mutamento dei rapporti di forza nel mercato del lavoro ottenuto grazie ad un forte intervento pubblico di rilancio dell’occupazione attraverso piani di lavoro di ultima o di prima istanza.

Con salari e diritti crescenti il capitale, pubblico e privato, sarà costretto a investire in tecnologia, innovazione e qualità. In quest’ottica la Pubblica Amministrazione deve essere messa nelle condizioni di funzionare adeguatamente, svolgendo il ruolo di occupatore di Prima Istanza, con assunzioni massicce e quanto mai necessarie, oltre a quello di riserva di buona occupazione transitoria, come parametro per l’intero mercato del lavoro.

Un robusto pool di imprese di stato, nei settori strategici e a vocazione monopolistica, dovrà rianimare il modello di economia mista che ha fatto la fortuna del nostro paese, e che si sta affermando imperiosamente nelle economie in crescita egemonica nel mondo (Cina in primis). Il rafforzamento della domanda aggregata interna potrà riattivare lo spirito dei lavoratori italiani, rianimando le periferie depresse, e spegnendo le lotte tra ultimi e penultimi. Il ripristino del controllo sui movimenti di capitale con la sua subordinazione alla funzione sociale, la demercificazione del lavoro e della natura, la cura, il sostegno e la protezione ai piani di vita di ciascuno, la capacità costituente esercitata dal basso e dalle periferie sono i capisaldi del socialismo che cerchiamo.

Questo modello va a fornire un incremento di domanda anche al commercio mondiale, che in questo modo troverebbe nuove risorse e fattori di crescita sufficienti per essere basato su rapporti equilibrati fra aree e paesi. Sarebbe superato il tentativo odierno di operare un abbattimento tecnocratico, e ad ogni costo, di ogni frontiera per trovare i mercati e la domanda di beni che nel frattempo si è perduta abbattendo il salario, a partire da quello europeo. Anche e soprattutto per questa via passa il riequilibrio fra apertura democraticamente vagliata dei mercati e sovranità democratico-costituzionale. Solo per questa via è proponibile qualunque idea reale e non mistificata di internazionalismo.

In questo quadro un rilievo particolare dovrà essere dato alla “questione ambientale”, che lungi dall’essere una moda passeggera, rappresenta un orizzonte decisivo per le sorti dell’umanità futura. La pulsione alla competizione anarchica, sotto regime capitalistico, rende inevitabile una costante devastazione degli equilibri ecologici e organici. Emergerà perciò con sempre più chiarezza la necessità di superare questo modello di sviluppo autodistruttivo. Il socialismo, come subordinazione del mercato a politiche democratiche e finalità umane, è la forma dell’unica soluzione possibile. L’antico slogan “socialismo o barbarie” dovrebbe oggi essere declinato in “socialismo o collasso ecologico del pianeta”.