A cura della Commissione Discussione e Analisi
PREMESSA
Nuova Direzione è un’associazione di cultura e pratica politica che si ispira ai valori della Costituzione Italiana e si pone come obiettivo la difesa dei diritti e dei valori delle classi subordinate (1).
Coerentemente con questo indirizzo, Nuova Direzione è vivamente interessata al soggetto dell’attuale crisi ambientale, climatica ed energetica, in quanto essa impatta maggiormente sulle sue fasce sociali di riferimento (2). In particolare, Nuova Direzione individua tre tipologie di costi:
1) Costi socio-economici dati dalla ristrutturazione del sistema produttivo conseguente la transizione energetica e accelerati dall’attuale crisi di approvvigionamento dovuta alla guerra in Ucraina. In particolare, annoveriamo tra questi la chiusura di intere filiere produttive senza alcuna garanzia sui livelli occupazionali, nonché gli alti tassi di inflazione in assenza di un qualsivoglia regime di indicizzazione dei redditi da lavoro.
2) Costi ambientali derivanti dalla crisi climatica in sé. Tra essi ricordiamo l’accesso ridotto a risorse fondamentali come l’acqua nei mesi estivi (3) o il cibo (4) o l’esposizione a temperature torride (5) e a cataclismi (6).
3) Costi derivanti da politiche che peggiorano la crisi ambientale, quali la stipula di accordi commerciali a livello europeo con paesi afferenti ad aree geografiche lontane (7) che hanno ripercussioni negative sull’occupazione, sui salari e sulla qualità dei prodotti.
Nuova Direzione si propone di analizzare e cercare di proporre soluzioni a queste problematiche adottando un’ottica di classe e di comunità nazionale. In particolare, questo implica il rigetto di qualunque soluzione tecnocratica o emergenziale, nonché di qualsiasi punto di vista basato sulle sole scelte individuali.
DA UN PUNTO DI VISTA IDEALE
Nuova Direzione è contraria alle soluzioni basate sul mercato, in quanto caotiche e fondate sulla falsa illusione della capacità salvifica di sistemi privi di un diretto coordinamento tra le parti. In particolare, condanna il ricorso a strumenti finanziari (8) per contrastare la crisi ambientale, in quanto essi si iscrivono nel solco delle politiche economiche che – portando avanti da decenni l’idea di una crescita illimitata – l’hanno provocata. In particolare, il capitalismo finanziario alloca la risorse in maniera opaca e tutt’altro che ottimale, preferendo le soluzioni a maggiore intensità di profitto a quelle più efficaci in termini sociali ed ecologici. Non solo, ma cattivi investimenti dovuti alla mancanza di un coordinamento pubblico possono scatenare reazioni a catena sotto forma di bolle finanziarie, con conseguente intervento statale per arginarne i costi e ulteriori perdite di tempo. Aggiungiamo che, anche in presenza di una qualche forme di direzione statale, politiche basate sul controllo della sola domanda – volte ad aumentare il prezzo di un certo bene senza agire in maniera strutturale sull’offerta e sulla redistribuzione delle risorse (9) – ricadono in maniera maggiore sulle classi subordinate e rischiano di provocare reazioni di rigetto, complicando ulteriormente il quadro (10).
Da un punto di vista ideale, Nuova Direzione auspica un intervento statale che coordini il contrasto alla crisi ambientale ed energetica. In particolare, Nuova Direzione è a favore di
1) Una pianificazione economica che abbia come obiettivo una maggiore autosufficienza produttiva per il paese e che sia orientata verso la previsione dei volumi produttivi in ciascun settore in vista del soddisfacimento dei bisogni essenziali. Questo implica, in particolare, una politica industriale di stato, un rafforzamento della ricerca scientifica pubblica e delle conoscenze tecnologiche e uno sforzo per l’accorciamento – se non lo smantellamento – delle catene globali del valore, nonché la limitazione al movimento dei capitali e delle merci. Inoltre, è necessario un dibattito democratico riguardo la definizione dei bisogni essenziali; le classi subordinate dovrebbero avere voce in capitolo in tale processo, in quanto – lottando costantemente per l’accesso alle risorse – sono le più titolate a definire quelli che sono i bisogni primari.
2) Una politica di sovranità energetica nazionale, basata sull’utilizzo di fonti rinnovabili e sulla sostituzione – laddove possibile – di consumi energetici individuali con consumi energetici collettivi (11). In particolare, vanno favorite quelle esperienze – come le comunità energetiche – volte alla produzione di energia rinnovabile in edifici pubblici e privati per l’autoconsumo. È inoltre necessario un ampliamento della potenza installata prodotta da rinnovabili e attenta alle peculiarità dei territori (12). In aggiunta, è auspicabile una fiscalizzazione del consumo energetico da parte dei privati cittadini, il cui costo dev’essere proporzionato al reddito. È importante sottolineare che politiche di questo tipo presuppongono la nazionalizzazione degli enti produttori e distributori dell’energia. Non meno importante, infine, è il ruolo della ricerca pubblica in settori quali la fissione e la fusione nucleare, nel primo caso per cercare di risolvere il problema delle scorie e nel secondo per non lasciare un campo così importante sotto il solo controllo dei privati. La ricerca pubblica, in quest’ottica, dovrebbe essere slegata dalle dinamiche di massimizzazione del profitto tipiche del settore privato.
3) Gratuità e potenziamento del sistema di trasporto pubblico. In particolare, è necessario anzitutto investire nel trasporto pubblico locale, ancor prima che nell’alta velocità (pur importante), in quanto esso impatta su un numero assai maggiore di persone (dell’ordine dei milioni, contro le centinaia di migliaia che prendono i treni Freccia). In particolare, i lavoratori di quei settori che oggi vanno riducendosi per via della transizione ecologica (come quello automobilistico) potrebbero essere reimpiegati in una produzione statale volta al potenziamento del trasporto pubblico (13).
4) Riportare sotto il controllo pubblico – in linea con la volontà popolare espressasi nel 2011 – la gestione del servizio idrico. In particolare, è quanto mai necessario un intervento pubblico di costruzione di cisterne e invasi nelle aree più soggette a siccità, nonché un investimento e rinnovamento per ridurre le perdite.
È importante sottolineare la fonte di finanziamento di tali interventi, che a nostro avviso dovrebbe avvenire in due modi:
A) Tramite una tassazione progressiva e molto elevata sui redditi e patrimoni più alti (14) e sulle varie forme di rendite (finanziarie, immobiliari etc.).
B) Tramite monetizzazione della spesa pubblica per investimenti in conto capitale.
È altresì fondamentale che la questione ambientale sia affrontata lasciando da parte la logica del profitto. Per quanto ideale ciò possa sembrare, ciò implica necessariamente il superamento del capitalismo finanziario attuale e una seria discussione sulla compatibilità del modello di crescita infinita con i limiti del pianeta Terra. Da questo punto di vista, Nuova Direzione auspica uno sforzo intellettuale da parte di scienziati naturali e sociali per elaborare un modello di sviluppo che superi la logica del capitalismo finanziario. In tal senso, una delle prospettive di critica più radicale dell’attuale modello è quella post-crescista basata sul superamento della crescita infinita della produzione e della massimizzazione del profitto. Una riduzione della produzione senza impattare sulle classi subordinate – o anzi, migliorandone la situazione – è possibile con una forte redistribuzione della ricchezza dall’alto verso il basso, ottenuta sia tramite la leva della politica fiscale che attraverso la pianificazione economica e il rafforzamento del welfare universale (salario indiretto). La diminuzione della produzione unita alla redistribuzione e ad un contesto politico favorevole alle classi subordinate (che è quello che Nuova Direzione idealmente auspica) permetterebbe anche la riduzione degli orari di lavoro a parità di salario.
NELLA REALTÀ
Nuova Direzione riconosce che, sebbene in linea teorica attuabili, i punti precedentemente auspicati sono nel contesto attuale irrealizzabili. Essi rimangono pertanto degli ideali utili ad una linea di pensiero politico, necessari per non perdersi in un miope pragmatismo incapace di proporre soluzioni alternative e allettanti.
I problemi maggiori che Nuova Direzione individua sono attualmente:
1) Il fatto che lo Stato Italiano non possiede la leva della politica monetaria e fondamentalmente neanche di quella fiscale, trovandosi strozzato in un contesto europeo che o impedisce l’azione tout-court (tramite le regole del Patto di Stabilità, quando esso, come pare avverrà, rientrerà in vigore) o incanalando l’azione verso l’obiettivo ordoliberista della sola creazione di un contesto favorevole all’agire del mercato (com’è per il PNRR o i fondi di coesione).
2) Il rapporto di forza sfavorevole alle classi subordinate, favorito dalle politiche di frammentazione sociale portate avanti negli ultimi quarant’anni (riduzione delle tutele lavorative e del welfare, precarizzazione, aumento della povertà e delle diseguaglianze).
3) La tendenza alle soluzioni tecnocratiche calate dall’alto.
Da un punto di vista dell’azione in termini più immediati, Nuova Direzione propone pertanto:
1) Un’azione dal basso dei cittadini diretta verso le istituzioni locali, per affrontare localmente quei problemi che possono esserlo. In tal senso, un’azione dal basso di pressione è possibile per chiedere la gestione pubblica dei servizi idrici e la costruzione di invasi e cisterne, nonché per il miglioramento del trasporto pubblico locale. È altresì possibile richiedere localmente un qualche tipo di prevenzione verso gli eventi estremi causati dal cambiamento climatico, come la costruzione di argini contro le alluvioni o la messa in sicurezza di terreni soggetti a frane e il contrasto all’impermeabilizzazione del suolo tramite un suo consumo più razionale. Se la politica nazionale è lontana dai cittadini, quella locale ancora mantiene una qualche forma di contatto e legittimità democratica. È importante sottolineare che i margini di manovra sono assai maggiori nel Settentrione e nelle aree fortemente urbanizzate piuttosto che nel Meridione e nelle aree rurali.
2) Un’azione di lotta tramite manifestazioni volta alla promozione di una soluzione pacifica ai conflitti attualmente in corso (specie in riferimento alla guerra tra Russia e Ucraina), in quanto – oltre ad essere catastrofi umanitarie – essi impattano in maniera esiziale nelle questioni energetiche e alimentari, con conseguenze pesanti per le classi subordinate.
3) Un’azione di comunicazione volta a porre al centro dell’attenzione delle classi subordinate tutti i punti fin qui discussi. È particolarmente importante che le classi subordinate esprimano la propria posizione sulla questione ambientale ed energetica essendo consce che sono le prime a subirne l’impatto. Atteggiamenti paternalistici e soluzioni calate dall’alto sono da evitare tanto quanto il disinteresse per una battaglia che, erroneamente, viene spesso associata alle sole velleità di una sinistra rosé. L’obiettivo dovrebbe essere l’appropriazione democratica del tema ambientale ed energetico.
4) Un lavoro di tipo culturale per la definizione di un modello economico diverso da quello dell’attuale capitalismo finanziario; il lavoro sulle idee è infatti quanto mai necessario per essere pronti e sapere dove andare, laddove si aprissero spiragli maggiori di azione.
5) Un’azione volta a chiedere un investimento maggiore pubblico nella ricerca sulle fonti di energia alternativa (rinnovabili, fusione nucleare etc.).
Note
(1) Per la definizione di classe subordinata nell’ottica di Nuova Direzione, rimandiamo ai documenti recentemente elaborati dal Gruppo di Discussione e Analisi.
(2) I settori di riferimento di Nuova Direzione non coincidono con la totalità delle classi definite subordinate secondo la nota (1). A tal proposito, si veda il documento di sintesi dell’analisi sulla subordinazione.
(3) Non è una novità che la siccità colpisca maggiormente le classi più sfavorite. Si pensi all’accesso idrico nel Meridione.
(4) Il cambiamento climatico, unito alla guerra, potrebbe portare a carestie e, in situazioni di quel tipo, chi ha meno disponibilità economica soffre maggiormente.
(5) Le temperature torride sono causa di problemi fisici e morte, specialmente tra i più anziani. Ancora una volta, le fasce sociali più deboli hanno più difficoltà a proteggersene (perché non possiedono un condizionatore, perché abitano in immobili mal coibentati, perché sono costrette a lavorare all’esterno etc.)
(6) L’impatto di una calamità che colpisce i beni fisici (abitazione, automobile etc.) di un nucleo familiare dipende dalla disponibilità economica di quest’ultimo (per il costo delle riparazioni e la stipula di assicurazioni adatte, o per la presenza di una seconda abitazione o auto etc.).
(7) Un esempio sono il TTIP, nonché gli accordi con Mercosur e Nuova Zelanda.
(8) Come il mercato dei crediti di carbonio o la finanziarizzazione degli ecosistemi.
(9) Si pensi ad una carbon tax applicata tout court senza una revisione del sistema fiscale in senso progressivo. Oppure ad un aumento dei costi della benzina fatto senza rinforzare il sistema dei trasporti pubblici.
(10) Si pensi ai gilet gialli.
(11) Per esempio: trasporto pubblico vs auto, teleriscaldamento vs riscaldamento individuale.
(12) Se un territorio, come la Toscana, è più votato al geotermico che all’eolico, ha senso investire in quel tipo di produzione. Con il sistema dei bonus a pioggia e senza un coordinamento centrale, non è detto che questo avvenga.
(13) Costruzione di mezzi di trasporto, di nuove reti ferroviarie etc.
(14) I quali, peraltro, sono i maggiori responsabili delle emissioni di gas serra e del consumo di risorse.